1 ricetta e 1 cosa bella n° 103 (quella con 19 cose che mi definiscono)
Ghnozi sautòn, capperi, quali scarpe comode
Ciaone
γνῶθι σαυτόν, ghnozi sautòn: così sta scritto nel tempio di Apollo a Delfi, “conosci te stesso”, conosci la tua limitatezza e la tua finitezza.
Pare che fosse la massima preferita di Socrate, che ne trasse lo spin-off “so di non sapere”.
Sono d’accordo: siamo piccole cose passeggere, e quel pochissimo che possiamo conoscere con un minimo di competenza non può che essere quello che siamo. In più, prendersi la briga di guardarsi l’ombelico in fasi diverse della vita aiuta a renderci conto che panta rei: tutto scorre, tutto passa, πάντα ῥεῖ.
Perché ricordarsi di essere piccoli e mutevoli dovrebbe aiutare a sopportare meglio le angherie che la vita ci tira in faccia. Non siamo indispensabili, la vita continua anche senza di noi - ti ricordi quando “la natura si riprendeva i suoi spazi”? Ecco, lo farà sempre, indifferente al nostro breve passaggio.
Marcel Proust era uno che si auto-interrogava ogni qualche anno con un questionario che sottoponeva anche agli amici. Era un gioco di società in voga nell’Europa di fine ‘800, passato appunto alla storia come “il questionario di Proust”, una trentina di domande sul sentire intimo che da molti anni vengono usate (in versione accorciata) da Vanity Fair per intervistare celebrità - da Salman Rushdie ad Al Bano, è un bell’affresco sull’animo umano.
Le domande originali sono le seguenti (ci sono versioni che arrivano a 37):
Il tratto principale del tuo carattere?
Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Il tuo peggior difetto?
Il tuo passatempo preferito?
Cosa sogni per la tua felicità?
Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Cosa vorresti essere?
In che paese vorresti vivere?
Il tuo colore preferito?
Il tuo fiore preferito?
Il tuo uccello preferito?
I tuoi scrittori preferiti?
I tuoi poeti preferiti?
Chi sono i tuoi eroi?
E le tue eroine?
Il tuo musicista preferito?
Il tuo pittore preferito?
Un eroe nella tua vita reale?
Una tua eroina nella vita reale?
Il tuo nome preferito?
Cosa detesti?
Un personaggio della storia che odi più di tutti?
L’impresa storica che ammiri di più?
Un dono che vorresti avere?
Come vorresti morire?
Come ti senti attualmente?
Di cosa ti senti in colpa?
Qual è il tuo motto?
Può essere rivelatorio porsi il questionario tra persone molto vicine per scoprire sogni, paure, principi mai discussi prima.
Una domanda, in particolare, può dire molto: “come vorresti morire?”.
Ho letto recentemente di una signora australiana che voleva tutti i figli e nipoti in casa, ma non al suo capezzale: dovevano essere impegnati nelle cose della vita - cucinare, studiare, pulire, guardare la tv. Per la figlia riuscire ad accontentarla era stato molto dolce.
Il padre di miei amici napoletani, a 90 anni e con la salute che veniva a mancargli, annunciò che lui non voleva andarsene spegnendosi, ma con una sceneggiata: “sparato da una bella donna, per gelosia”.
Mi fa sempre sorridere riscordarlo :)
In questo momento della mia vita, ma come prima del resto, la mia risposta è banale ma immutabile: tra le braccia di mio marito.
E la tua?
1 ricetta
Capperi, è la stagione!
Sono i n c r e d i b i l m e n t e fortunata, perché attaccata agli antichi muri della casa in campagna c’è una grossa pianta di capperi, che ho potato in primavera e questa estate sta producendo come se dovesse vincere il Premio Piano Quinquennale.
Visto il successo riscosso dai frutti messi sotto aceto l’anno scorso, ho deciso di lasciar fiorire ogni bocciolo, invece di metterlo sotto sale, e di conservare solo i cucunci. Li raccolgo man mano, prima che arrivino le cimici a guastarli (ieri ne ho notati i primi infausti segni), e li lavoro come mostro qui:
Hey. Un grazie ecumenico per il confortante risultato al sondaggio della settimana scorsa: ora che so che inserire una ricetta in tutte le newsletter non è importante, dovrò pensare a un nome nuovo: “1 cosa bella etc”? “Ciaone, ho una cosa bella”? Suggerimenti ben accetti!
1 cosa bella
Invece di rispondere al vero e proprio questionario di Proust, mi è venuta l’esigenza di fissare per iscritto alcune cose che mi definiscono dopo aver letto i post di India Knight (66 things I know about myself), di Emma Gannon (65 things that have improved my life) e, prima di tutte, di Amy Estes (My “things I know about myself” list).
19 cose che mi definiscono: perchè sono qui sotto e non stanno nel mio diario chiuso con un lucchetto a forma di cuore?
Perché, riagganciandomi a quel che dicevo prima, questo vuole essere un esempio per farti fare lo stesso esercizio mentale. Per mettere nero su bianco, anzi tanti colori su bianco, ché siamo tutti un caleidoscopio, siamo definiti da tante forme tutte insieme, che spesso non si incastrano nemmeno bene l’una con l’altra.
Vado:
Sono bionda. Essere bionda naturale in un paese mediterraneo negli anni ‘70 e ‘80 ti fa notare, e oggettificare. A mio detrimento morale, ho giocato la carta bionda-scema più volte quando non avevo voglia di fare o discutere qualcosa, ma questa astuzia non ha mai comunque compensato tutte le volte che sono stata ridotta a un trofeo di caccia da imbalsamare e appendere al muro, e ritenuta davvero scema e/o “spendibile” per il colore dei miei capelli. Btw, tra bionde naturali per strada ci guardiamo sempre e ci diamo un saluto segreto da “lo so, sorella, lo so”. Un giorno scriverò di questo, ce l’ho in canna da anni e mi serviva un posto sicuro per farlo. So di averlo qui.
Sono innamorata di mio marito, proprio ancora innamorata. Dopo 33 anni ho ancora bisogno di toccarlo continuamente (spesso mangiamo tenendoci per mano) e il mio cuore sobbalza quando rientra a casa la sera.
Ho insegnato a lui e ai figli che il mio albero preferito è l’ippocastano, nel caso si crei una situazione in cui sono ostaggio, o uno di loro ha una pistola puntata alla tempia e l’unica risposta che può salvarci dalla tragedia sia alla domanda: “qual è il suo albero preferito?”
Mai più mi vestirò di grigio e maròn. Armocromia, o dopamine dressing, chiamalo come vuoi, ma trova la tua palette e usala. Best terapia pro-buon uomore e autostima evah.
Non c’è suono più bello dei miei figli che ridono tra loro. Spiato, ancora meglio.
Il secondo suono più bello è quello degli animali selvatici che si muovono intorno a me, nel loro ambiente, dopo che io sono stata ferma per un po’ e loro si sentono a loro agio. Uccelli, rane, api, lucertole.
Non ho più intenzione di dare soldi ed energie e spazio a calzini che non mi diano gioia. Dal cassetto di mio padre, quando ho svuotato la sua casa, mi sono portata via un paio di Calze Gallo blu ceruleo. Ebbene, le calze che costano 10 volte quelle che costano 10 volte di meno sono 10 volte più comode, resistenti e belle.
Sono una persona molto diversa da quella che ero a 20 anni, quando già mi reputavo adulta; poche passioni sono rimaste le stesse, una è la musica classica: gli amici mi chiamavano “la vecchia” perché, quando salivano nella mia A112 azzurro polvere, accendevano l’autoradio e ci trovavano dentro solo cassette di Beethoven. “NOOOO NON CI POSSO CREDERE, SEI UNA VECCHIA!”. Non aiutava la mia reputazione il fatto che portassi sempre un filo di perle al collo, chiuso da un fermaglio con un rubino e dei piccoli brillanti, che era della mia bisnonna. Avevo 18 anni. Non avevano mica torto, gli amici.
Dopo averle lasciate in un cassetto per molti anni, sto timidamente riportando le perle: gli orecchini con cui ho passato più tempo nella mia vita, che erano di mia madre e prima di mia nonna; e un vezzo di catenina con delle micromicro perle, di famiglia anche quello. Ho un problema vegano con la pratica violenta della generazione delle perle e non voglio dare idee a nessuno e provocare un acquisto. Per cui niente foto del vezzo e degli orecchini. Aguzza la vista quando faccio delle storie su Instagram, se vuoi farmi tana :)
Non starnutisco una volta sola, ma sempre in sequenza, con un crescendo di irritazione che dal quarto starnuto sfocia in improperi sempre più veementi, a volume sempre più alto, che spaventa cane, gatto e figli.
Non sono assolutamente capace di pesare o aggiungere a occhio della pasta nell’acqua che bolle, dei cereali nella ciotola della colazione, un pizzico di sale in un’insalata, dei biscotti su un’alzatina da portare a tavola per un tè domenicale sapendo che ho preso le quantità perfette senza però ributtarne un pò, perché non si sa mai, un pochino in più ci sta sempre.
Ovunque sarò, la mia attenzione sarà immediatamente attirata da tutto quello che è intrecciato e di origne vegetale: solo nella casa di campagna ho 25 cestini ad uso diverso (pane / aglio / elastici / cucito / raccolta nell’orto / spazzatura / guinzaglieria / chiavi / sementi / pappa cane / panna gatto / occhiali / biancheria sporca / giocattoli etc). Non ho comprato nuovo nessuno di questi: sono ereditati in famiglia o da Luca e Stefania; sono regali (quello per l’aglio me l’ha portato mio figlio dal Vietnam, viene usato dai venditori ambulanti come schiscia per il riso al vapore); oppure li ho scovati nei negozi di seconda mano (con GRANDISSIMA soddisfazione).
[in primo piano il cestino vietnamita; in secondo piano la cesta da raccolto - qui l’aglio di quest’anno - comprata sul marketplace di Facebook per soli 5 euro]
Sto sentendo tantissimo la mancanza della mia nonna materna, la nonna Liliana (donna di una bellezza incandescente, cosa che influiva sulla vita di tutta la famiglia - ne avevo parlato qui e qui). Ho bruciore in gola per la tristezza e l’ingiustizia e la rabbia che non sia qui con me, in campagna, a consigliarmi su come arredare e come colorare la casa. A godersi con me e a mettere la sua impronta in questo posto che mi dà così tanta felicità. A scherzare, a correggere, a fare le sue battute taglienti. Che palle, non avere più la nonna.
Percepisco gli sfioramenti sulla pelle in maniera esagerata rispetto alla media delle persone. Se ho un capello che mi pende sul braccio, impazzisco finché non lo tolgo. Un moscerino invisibile a occhio nudo che sta in bilico su un pelo del polpaccio? Per me è una palla al piede. Preferirei avere la scorza un po’ più spessa.
Non ho fiato. Se dovessi correre un chilometro per salvarmi la vita, dovrei sperare in un’unica via di salvezza: che chiedano ai miei figli qual è il mio albero preferito.
Che poi anche il platano, con la sua corteccia camouflage e la sua imponenza ancestrale, e il tiglio, con il suo profumo a giugno, e il gelso, con tutta quell’ombra che fa…
A volte mi pare di essere una X woman, perché sento odori che nessun altro intorno a me avverte. Il tappeto appena ripassato con l’aspirapovere, la lavastoviglie calda, cose così. Non posso essere la sola, non voglio essere la sola.
Mi piace l’odore di patata che emette la Shu in macchina quando è troppo contenta perché ha capito che andiamo a fare una passeggiata nel bosco o stiamo arrivando a casa in campagna. Forse lo sento solo io.
So che le liste, per incuriosire, dovrebbero essere in numero dispari.
Togliti una curiosità
La settimana scorsa ho parlato di mal di piedi: dilemmi tanti, soluzioni poche.
Finché, come mi aspettavo, questa community è stata all’altezza della tenzone e tra commenti pubblici e messaggi privati sono arrivati utili consigli.
Questi sono i brand raccomandati da chi ci si affida da tempo per varie problematiche (piede piatto / piede molto arcuato / collo alto / alluce valgo / fascite / tendinite / spina calcaneare etc):
La Marchigiana (artigianato italiano, un negozio a Torino dove è meglio prendere appuntamento; purtroppo è tutto in pelle, quindi non fa per me)
Sketchers (molto diffuse, tanta scelta, buoni prezzi)
Scholl (il cui core business sono ancora gli zoccoli di legno che probabilmente mi hanno rovinato la vita, perchè non c’è niente di più rigido da mettersi ai piedi, ma adesso hanno ballerine, stivali, sneakers e anche sandali in sughero. Da farci un giro anche solo per dire: “va’ che cose carine, ma non nascevano per gli ospedali??”)
Geox (mi parlano di sandali tipo Birkenstock, ma più morbidi)
El Naturalista (brand etico, ma qui ci interessa il mal di piedi, quindi è ok se ti servono modelli barefoot)
Teva (brand tecnico sfociato nel gorpcore, adatto a chi fa vere camminate o a chi fa finta di arrampicare)
Fit Flop (nato trishto, evolutosi fashion)
Merrell (ehm, non le cose più femminili che ho visto in giro)
Xero Shoes, Luna Sandals, Vivobarefoot, Earth Runners, Bedrock Sandals - questi sono consigli di Chat GPT, da una puntigliosa ricerca fatta dalla mia amica Greta Golia di Contiamoci (lei fa la consulente di sostenibilità)
In ogni caso tutti da provare dal vivo, secondo me. Quando poi trovi la tua scarpa-mai-più-senza puoi ordinarla anche on line.
Ah, la cosa numero 20: tutte le volte che ho comprato scarpe on line non andavano bene, nemmeno quelle del modello e numero che avevo già. Quindi non lo faccio più. Mannaggia, il numero è diventato pari!
Se hai altri suggerimenti:
E grazie per commenti, like e condivisioni: fanno sempre piacere e soprattutto fanno conoscere questa newsletter 🥳
Ho co-scritto un’ebook: si chiama “Cocomero - ricette d’ispirazione levantina per la pace” che contiene 40 favolosi piatti. Puoi comprarlo facendo una donazione minima di 5€ a una famiglia di rifugiati palestinesi, direttamente sul suo GoFundMe. Trovi tutte le spiegazioni sul sito di Cocomero 🍉
Buongiorno Sasha e buongiorno a tutte le altre amiche di penna.
Il questionario di Proust. Rispondere a quelle domande mi metterebbe in difficoltà tanto da indurmi a pensare, come Socrate: "So di non sapere".
Devo ancora decidere se questa consapevolezza mi fa felice o mi deprime. Alla soglia di 50 anni e passa, secondo te e le amiche che ci leggono, dovrei preoccuparmi se non sapessi rispondere a domande tipo: qual è il tuo colore preferito, il tuo fiore preferito e via discorrendo?
Non mi piace definirmi attraverso un colore, un fiore, un eroe, una paura.
Se fossi costretta a farlo, tipo pistola puntata alla tempia, risponderei: la donna è mobile, qual piuma al vento. Questa è la definizione che mi calza meglio, non nell'accezione negativa del Rigoletto, ma sintetizzando e generalizzando al massimo -del resto non stiamo facendo una seduta di psicoanalisi, ma ci stiamo confidando tra amiche, quindi me lo concederete - mi definirei mutevole.
Se non fosse che oggi, quello che sto per dire, potrebbe dar adito a fraintendimenti, direi che sono fluida come l’acqua di Eraclito, sono panta rei.
Certo ci sono cose, poche, che mi caratterizzano da sempre.
Ammettiamo che io sia una specie di sistema solare, il sole ovvero i punti fissi sono questi:
1) Sono gattara. Sempre stata, ci sono nata gattara, ci morirò, ce l’ho ben impresso nel DNA. E’ una maledizione e mi ci crogiolo dentro contenta e felice.
2) Sono pigra. Sempre stata però io preferisco chiamare la mia pigrizia, lentezza. Kundera insegna.
3) Per dirla con Anna “I so glad to live in a world where there are octobers”. Mi piace l’autunno, mi è sempre piaciuto: le foglie che cadono, le zucche, i primi sentori dei camini accesi nell’aria, il profumo del mosto…
4) Non sopporto litigare. Mi toglie le forze, mi devasta e mi fa stare male per giorni e giorni persi lì a rimuginare. Per questo motivo finisce che lascio correre facendo io più male a me stessa che l’altro/a
5) Mi piace scrivere e credo lo abbiate capito tutte. Mi è sempre piaciuto. Credo sia sempre stato un modo per sconfiggere la mia timidezza.
6) Sono come Marcovaldo: state sicure che se c’è un fungo microscopico cresciuto sul marciapiede, sono la prima a scovarlo e queste scoperte mi mettono sempre in pace col mondo.
7) Sono una solitaria per scelta dovuta alla realtà: è una vita che cerco affinità elettive, ed è una vita che sono sola. Devo aver cercato sempre nei posti sbagliati.
Il resto va e viene, alcune cose, passioni, pensieri sono ricorrenti come i pianeti, altre, “fuochi di paglia” come comete.
Last but not least: Sasha, è sempre un piacere leggerti e sinceramente che il tuo sito si chiami 1 ricetta e 1 cosa bella o vattelapesca, “habitus non facit monachum”.
Non ho resistito alla tentazione di chiudere la mia risposta in latino vista la tua ouverture in greco. Perdonami.
Buona giornata a tutte.
Buongiorno Sasha,
mi ha colpito tantissimo il punto 13 della sua lista... ho perso sabato sera mia madre... Liliana.
una delle prima cose che ho pensato (cioè uno dei primi pensieri razionali che non fossero solo domande vuote "perchè?", "perchè lei?"; "cosa farà papà adesso"...) è stato: " come faccio a scegliere le tende? e chi preparerà i dolcetti di Natale quest'anno?". :(