1 ricetta e 1 cosa bella n°85 (quella di quando Colin Firth mi ha sorriso sulle scale)
Non si dice "cooking", se Mozart fosse Britney, potare-potare-potare
Ciaone
Colin Firth mi aveva fatto un sorriso raggiante, e io ho rovinato tutto.
Stavo salendo le maestose scale dell’Hotel Bristol di Genova. Prima che mi potessi rendere conto che quel bellissimo, altissimo, elegantissimo signore che mi veniva incontro in camicia bianca e jeans fosse Mr Darcy, lui aveva già fatto un cenno di saluto con il capo e quell’adorabile sorriso fanciullesco che nei film si vede raramente - secondo me gli danno troppi ruoli da bel tenebroso.
OH MIO DIO COLIN FIRTH MI HA SORRISO E SALUTATO.
PER PRIMO!
(non ho i diritti di questa immagine e non ho trovato il nome di chi li detiene, ma sono pronta a citarlo o a cancellare la foto - anche se sarebbe un peccato, è così carina)
Poteva essere l’inizio di una splendida, ehm, “amicizia”… ma io sono pedante dentro, un buco nero di pedanteria che tutto inghiotte e tutto annichilisce. Pure Colin Firth che mi sorride.
Poco dopo, in un salottino dell’hotel, ero seduta per la conferenza stampa del film “Genova” davanti a Michael Winterbottom, uno dei mie registi preferiti, Catherine Keener, una delle mie attrici preferite, e Firth.
Il film si svolgeva quasi tutto nel centro storico della mia città, e una giornalista chiese a Firth, che parlava quasi sempre in italiano visto che era sposato con Livia Giuggioli, se durante le riprese avesse imparato a cucinare qualche piatto ligure.
“Sì, ho cucinato il pesto!”, rispose con orgoglio e entusiasmo, facendo il gesto di schiacciare il pestello nel mortaio.
“Ma il pesto non si cucina, il pesto è una salsa a crudo”, mi sentii ribattere a voce alta con orgoglio e puntigliosità.
Silenzio in sala.
Mr Darcy mi guardò.
“You don’t cook pesto, pesto is a raw sauce”, aggiunsi per buona misura, nel caso non avesse capito.
La sala mi guardò tipo, ok, dire a Genova che il pesto si cucina merita la pena capitale. Ma Colin Firth ha il salvacondotto!
“Sì, sì, avevo capito”, replicò lui, indurito. “But you know, in English we say “cooking” for everything”.
Che è vero: anche se metti a tavola un’insalata versata da una busta e una brocca d’acqua, inglesi e americani ti diranno “thank you for cooking lunch”.
Per il resto della mattinata, Firth evitò educatamente qualsiasi interazione con me. Ero lì per Ciak, e non ebbi il coraggio di chiedere del tempo one-on-one con lui dopo la tavola rotonda; portai a casa il mio servizio placcando Winterbottom e Keener su un divanetto. In redazione nessuno seppe mai che avevo offeso il sex simbol del decennio perché aveva usato male un verbo in italiano.
Un anno dopo, nel 2007, andai per Il Sole 24 Ore a Copenhagen ad intervistare René Redzepi, chef del ristorante Noma: credo fosse il primo articolo, o almeno il primo grosso articolo, che usciva in Italia su di lui.
Non c’era posto per cenare al ristorante, direi per fortuna: perché per farmi provare “l’esperienza Noma”, Redzepi acconsentì a farmi fare il giro delle sue enormi cucine, tirando fuori grossi vasi di vetro e di acciaio conservati a temperature controllate per mostrarmi alghe, germogli, licheni sotto salamoie varie.
Nessuno allora parlava di fermentazione, da nessun parte. Redzepi mi fece assaggiare i suoi esperimenti, sotto lo sguardo degli altri cuochi che volevano vedere le mie reazioni. Erano particolarmente entusiasti e curiosi di sapere cosa pensasse un’italiana di una certa bacca locale che opportunamente trattata ricordava un cappero di Salina. Il concetto era chiaro: le foreste del nord e i fiordi erano pieni di ingredienti da scoprire; non esistevano solo la cucina italiana e quella francese, in Europa: stava nascendo quella scandinava.
“This kind of thinking will change our cooking”, mi disse Rezdepi. “Questo modo di pensare cambierà la nostra cucina”.
Tre anni dopo, Noma venne eletto il migliore ristorante del mondo nella famosa/famigerata classifica dei 50 best San Pellegrino. Era solo la prima di altre cinque volte.
Nel 2016, potei finalmente fare l’esperienza completa, seduta a tavola: Redzepi era ospite di Mauro Colagreco, nel suo ristorante Mirazur a Mentone (miglior ristorante del mondo nel 2019), dove preparò un menu che nei miei ricordi, e nelle mie foto, era tutto a base di verdure fermentate:
Sì, era una cucina strepitosa, che valeva sia l’attesa che il prezzo strepitoso (ne ho parlato qui).
Due settimane fa la pedante che è in me è sbottata di nuovo mentre stavo leggendo questo bel libro che mio figlio mi ha regalato a Natale:
E solo nelle prime pagine ho incontrato tre volte la parola “cooking” tradotta dall’originale inglese in “cucinare” e “cottura”:
MA PORCA DI QUELLA MISERIA IMPESTATA.
Come si fa a tradurre in maniera così semplicistica? Quando il primo significato di cooking su ogni vocabolario inglese-italiano oltretutto è “cucina / gastronomia / arte culinaria”?
Si fa quando si usano dei traduttori automatici invece delle persone, ecco come si fa.
O magari si usano delle persone, ma delle persone che non sanno far bollire un uovo. Ma nemmno leggere un paragrafo, perché questo qui sopra elenca chiaramente dei modi in cui i cibi fermentati non rendono la cottura più facile, ma rendono immaginare e creare un piatto più facile.
La tristezza di un libro così bello, tradotto così male: cooking significa cucinare, inteso come cuisine, come atto immaginifico e creativo. Cooking vuol dire questo prima ancora di “mettere sul fuoco”.
Lo dice anche Colin Firth!
Una ricetta
Ho veganizzato con successo, dopo un primo fallimento, una vecchia ricetta di cui sentivo la mancanza: gli scone alla ricotta, che sono molto più buoni di quelli fatti con il latte o il latticello.
Ecco la video ricetta:
Gli ingredienti per 4 grossi scone sono:
130gr di farina (meglio se di tipo 1 e debole, come Farina Petra 5)
100gr di ricotta (io uso quella a base di mandorle di Dreamfarm, buonissima anche nella pasta, che è il vero test per stabilire se una ricotta è di qualità)
65gr burro (io uso il Megarine, che non è una margarina ma proprio un burro vegetale)
65gr di zucchero di canna chiaro (io uso quello di KoRo)
30gr cocco in fiocchi (ancora KoRo)
1 manciata di fragole o lamponi essiccati (sempre KoRo), ma quando sono di stagione, frutti di bosco freschi
1 limone non trattato
1 cucchiaino raso di lievito per dolci
Cottura (o dovrei dire cooking time?): dai 15 ai 20 minuti in forno statico, a 200°.
Se hai domande:
Una cosa bella
La scorsa settimana sono stata ospite della newsletter della mia amica
.Si chiama
e basta già il titolo per farti capire quanto sia in linea con la mia visione del mondo; ma c’è di più: è Cristina che l’anno scorso ha lanciato l’idea di fare un libro di ricette per raccogliere fondi per i profughi palestinesi. Quel libro è diventato Cocomero, un lavoro collettivo di nove food blogger italiane e un salvavita per diverse persone vicine al nostro cuore.Non sappiamo quanto è stato donato tra ottobre e febbraio perché non tratteniamo dati sensibili, ma si tratta di decine di migliaia di euro. Ne andiamo fiere e continueremo a parlarne finché le famiglie che seguiamo avranno bisogno di noi (incidentalmente, io supporto Elham e Cristina le sue sorelle, perché quando ho cercato un referente italiano per la loro campagna GoFundMe, Cristina se l’è accollata subito).
Tornando a Germogli: ho scritto una guida pratica alla potatura in termini botanici che sarebbe anche una di quelle robe filosofiche ispirescional da musica di Ludovico Einaudi (se mi piacesse Ludovico Einaudi, che invece non mi piace per niente).
Onestamente? Secondo me ho scritto una cosa utile. E quindi bella. E quindi la metto qui, nella cosa bella:
PS - ho pensato di sfruttare il mio network personale, visto che si parla di potatura, per chiedere a Matteo Cereda e Pietro Isolan di Orto Da Coltivare un codice sconto flash per il videocorso Potatura Facile, di cui non parlerò mai abbastanza bene.
Se hai anche un solo albero da frutto, un olivo, o un lampone, ti raccomando questo corso: io e mio marito lo abbiamo seguito da cima a fondo un anno fa, e lo stiamo ripassando perché siamo nella stagione della potatura e non vogliamo sbagliare niente e perché potare è veramente come giocare una partita a scacchi - servono strategia e lungimiranza. È la pratica più mindful che esista, ne sono certa: ci devi stare dentro con tutta la testa!
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PPS - Pietro è venuto da noi l’anno scorso a farci una consulenza, e ci siamo fatti interrogare: effettivamente siamo stati dei bravi studenti, come si vede in questo video ⬆️
Togliti una curiosità
Sono d’accordo con Ed Sheeran, che sostiene che la migliore canzone di esordio di tutti i tempi è “Baby one more time”.
Hai presente quei meme in cui si fanno creare a Chat Gpt personaggi sempre più esagerati? Tipo questo della signora genovese che cucina fa il pesto?
Ok, facciamolo in real life: se a Britney gliela avesse scritta il migliore compositore di tutti i tempi, come sarebbe suonata?
Ti presento la versione di Mozart:
Molto meglio di Ludovico Einaudi, converrai…
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Ho co-scritto un’ebook: si chiama “Cocomero - ricette d’ispirazione levantina per la pace” e contiene 40 favolosi piatti. Puoi comprarlo facendo una donazione minima di 5€ a una famiglia di rifugiati palestinesi, direttamente sul suo GoFundMe. Trovi tutte le spiegazioni sul sito di Cocomero 🍉
Buongiorno. Mi hai coinvolto nel tuo racconto. Poi alla fine è venuto fuori il toscano che è in te. Decisa, precisa,pedante? Chissà. Per alcuni di noi toscani è la normalità. Bravissima
Ieri sera ho guardato in TV uno spettacolo di Teresa Mannino dove, tra i vari argomenti, parlava della sua pignoleria, mi ci sono ritrovata tanto e ora eccoti qua! Certo che con Firth!!! Avrei voluto esserci. Lo sconto per la potatura lo userò per farmi il regalo di compleanno 😍 grazieeee!!